L'ARTE DI TORNARE AL FUTURO
Il ribelle dell'Alta Moda italiana
Pfg wears Mario Costantino Triolo
Interview by Gianmarco Marabini
Affreschi seicenteschi, quadri contemporanei, la “Pioggia nel
pineto” appesa ai muri di una sala. Il silenzio di Palazzo Pepoli Campogrande.
Qui, nella Sala degli Specchi di Campogrande Concept, è esposta la capsule collection “10For...” di
Mario Costantino Triolo, stilista di grande talento e cultura. Fiero
sostenitore del made in Italy, Mario ha raccontato a noi di PFGSTYLE la storia
sua e dei suoi abiti di Alta Moda.
Com'è nata la collaborazione con Daniela Scognamillo e
Campogrande Concept?
E' stato un amico comune a presentarci. Un incontro
occasionale. Il mio progetto era già iniziato, avevo in mente le idee per la
collezione. Daniela ha creduto in me ed ha incanalato le mie energie. Così il
lavoro è decollato. Ed ora eccomi qua con questa capsule collection, dove
ognuno dei dieci capi è nato volta per volta in stretta collaborazione con
Daniela. Potremmo definire tutto il processo un work in progress.
E dunque quale è stata l'ispirazione?
Un quadro di Giacomo Balla. “Trasformazione forme-spiriti” è
il nome dell'opera. Non solo mi è stato d'ispirazione, ma ho anche estrapolato
alcuni elementi dal quadro e li ho trasformati in accessori d'argento negli
abiti.
Mi par di capire che è stato fondamentale per la nuova
collezione il tuo legame con il Futurismo, intendo per le linee e le geometrie.
Assolutamente si, il
Futurismo è un periodo storico che in qualche modo ho voluto raccontare
attraverso questa collezione. Gli anni tra fine Ottocento e inizio Novecento
erano un periodo di grande dinamismo,
ribellione e distacco dal passato. Nel Futurismo ho ritrovato ciò che io stesso
stavo vivendo. Era così che mi sentivo quando ho iniziato a lavorare alla
collezione. Avevo voglia di buttarmi dentro il mondo, avevo bisogno di rivolta
e di ricostruzione.
Anche la scelta cromatica ha risposto a questa tua
interiorità?
Certo. All'inizio doveva essere una collezione totalmente
nera, con tocchi di argento come punti di luce. Poi ho capito era meglio dare
più movimento ai capi ed ho aggiunto il bianco.
Movimento. Di nuovo torniamo al Futurismo.
Si, ma c'è molto altro. Maschere africane ed elementi
naturalistici, come le foglie d'edera immerse nell'argento 925 che ho inserito
negli abiti. Oppure quella che io chiamo “la nuova staffa”, che è una
rivisitazione in 3D della foglia di felce. Ogni capo ha la sua storia, e tutti
insieme ne raccontano un'altra. Questo è un dato fondamentale per il mio
mestiere. Raccontare una storia e inanellarne una di seguito all’altra.
Anche la tua campagna immagini racconta una storia. Due
anzi. Quella di San Sebastiano e poi Icaro.
Più che storie sono provocazioni. In modo particolare il San
Sebastiano. Ad un certo punto avevo tutti contro di me, tranne Daniela ovviamente.
Gli altri credevano che in un momento come questo fosse una pazzia lanciarsi in
una produzione di capi unici e con una così alta lavorazione. Ma come san
Sebastiano ho continuato a combattere nonostante le frecce.
Parlando della lavorazione: i capi racchiudono anche la
tua storia geografica.
Esatto. La loro produzione si è svolta tra Lombardia, Emilia
Romagna e Calabria. Con gli orafi lombardi ho realizzato i dettagli in argento,
in Emilia Romagna tutto la confezione dei capi mentre in Calabria, la mia terra
natale, ho fatto eseguire i ricami a filo “filza”. E di questa parte del
processo vado molto fiero. Ho grande rispetto per le mie origini ed è stato un
piacere poter dare lavoro a tante persone della mia regione. Tutte le tecniche
utilizzate, infatti, appartengono alla tradizione calabra per la lavorazione
dei corredi. Io ho cambiato i filati e riadattato i ricami al tipo di
abbigliamento.
Progetti futuri?
Innanzitutto presentare la capsule a nuovi mercati, come Cina
ed Emirati Arabi. Poi lanciare una linea di accessori partendo dai dettagli
degli abiti e completare la capsule per farla diventare una collezione
completa. Abbiamo anche in cantiere un progetto per l'ArteFiera 2014.
Pensate di continuare le presentazioni nella modalità “a
salotto” come qui a Palazzo Pepoli Campogrande oppure tornare su binari più
convenzionali?
Vogliamo superare la distribuzione su larga scala, oggi anche
indebolita dalla rivoluzione dello shopping online. In risposta puntiamo sul
recupero del defilé privato. Come gli studi sartoriali di una volta. Ormai il
mondo della moda sta perdendo il contatto col consumatore. Ma la bellezza di
poter spiegare gli abiti, di farli toccare al cliente è un lusso bellissimo che
non deve essere dimenticato. Qui a palazzo Pepoli Campogrande ho sperimentato
anche io il piacere di vedere persone interessarsi agli abiti, rigirarli,
studiarli, toccarli, conoscerli.