Si sfidano a colpi di
tacchi a spillo e apparizioni agli eventi di moda. Tutte in attesa di foto.
Tutte con un corredo di aspirazioni e un unico desiderio. Quale? Dettare stile.
Fornire le regole. Quello che conta è
imporre la propria personalità, creare outfit, fare proseliti, ottenere
consensi, aumentare followers. In altre parole: diventare l’unica e
riconoscibile icona fashion. Ma per i neofiti della
cultura la strada è lunga e non è certo facile. Giacché è impossibile scindere
fascino e conoscenza, arte ed intemperanza. Follia e consapevolezza. Lo charme non va un tanto al
chilo. E non è nemmeno un prodotto low cost. Esso nasce da una certa padronanza,
letteraria e personale, del proprio intelletto e gusto. Lo sapeva bene la
Marchesa Luisa Casati, viso reso bianco dal trucco ed occhi bistarti ad arte, il cui look decadente
e chic è stato riproposto dalla inquietante Tilda Swinton per la rivista Acne Paper . “Voglio essere un’opera
d’arte vivente” diceva la Marchesa circondata da aristocratici, bon vivant, poeti
e dandy vari. E in qualche modo lo è diventata, altera e seducente, dentro le
tele di Giovanni Boldini che la ritrasse nel 1908 vestita di viola insieme al
suo levriero. A lei Gabriele D’Annunzio dedicò le migliori intenzioni: “I rosai del
Vittoriale ti aspettano per fiorire”.
La scrittrice Djuna Barnes |
Rivolte interiori ma perfezioni d’abito facevano invece di Djuna Barnes
una delle donne più eleganti e attraenti del novecento. Non fosse altro per la sua ambiguità,
talmente disinvolta da sembrare una finzione. “Un abito può essere scaltro, molto disinvolto e commovente”,
commentava, dall'alto del suo successo. Per imitarla le donne studiavano il suo
charme, copiavano la posizione dei suoi cappelli, utilizzavano le stesse
fantasie dei foulard a pois. Altre fumavano con finissimi bocchini d’avorio, si riempivano di cipria e
profumavano di Guerlain. Perché il gioco era la trasformazione, sovvertendo lo scenario del momento. “Essere
una leggenda è infinitamente più facile che vivere quel che è necessario per
diventarlo”, confidò alla
sua cara amica e scrittrice Emily Coleman. Tanto fascino la distingueva dalle
altre che fu definita la Greta Garbo
della letteratura.
L'attrice Greta Garbo |
Greta
Lovisa Gustafsson, in arte Garbo, era soprannominata la Divina. Il suo rapporto
con la moda iniziò a 17 anni, allora lavorava nei magazzini Pub di Stoccolma. Infatti fu proprio entrando nel reparto modisteria in
cerca di cappelli per il suo nuovo film che il regista Erik Petschler la notò per
la prima volta. Migliaia di donne l’hanno amata, imitata, hanno cercato di riproporre
nel quotidiano il suo stile androgino e moderno. Fu in grado di influenzare la moda degli anni
trenta, a cominciare dal basco che portava nel film la “Carne e il diavolo”, anni
dopo Federico Fellini fece indossare a Madaleine Lebou quella cloche “alla Greta Garbo”.
Famosi erano gli occhiali scuri che la
proteggevano dal mondo, i bauli Louis Vuitton che la accompagnavo durante le
trasferte, le giacche dal taglio maschile, il trench stretto in vita, le scarpe
di Salvatore Ferragamo create apposta per lei. Alcuni dei suoi oggetti sono stati battuti all’asta da Julien's a Beverly Hills il 14 e 15 dicembre dello scorso anno. Ciò che era impossibile imitare però era la sua natura, sfuggente fino a
sparire. Come ebbe a scrivere nei suoi diari un giovanissimo Klauss Mann: “Talvolta
si associava al nostro cerchio una strana giovane donna, sopravvenendo senza
che nessuno lì annunziasse, per lo più tardissimo. Si era seduti in terrazzo a
bere il whisky: a un tratto eccola lì, straordinaria apparizione che si
avvicinava attraverso il giardino buio e profumato, con passo superbo e
trascinato a un tempo. Era a capo scoperto, vestita un impermeabile aperto,
portava sandali piatti. Ich bin ja so furchtbar mude (sono atrocemente stanca) esclamava,
al posto di un saluto con un tono di lamento profondo… Jennings ci disse che era una svedese giunta
da poco dall’Europa. La piccina avrà un successo folle, vaticinava Jannings. Ccostei
farà strada, datele solo un po’ di tempo. Fra due o tre anni il suo nome sarà
noto in tutto il mondo. Il suo nome era Greta Garbo”.
Gabrielle Sidonie Colette |
Sidonie-Gabrielle Colette aveva lo stesso amore della Garbo per l’aspetto teatrale della vita. Scrittrice francese, fu una delle prime
donne a separarsi da proprio marito conducendo una vita di single felice. Nel 1932 aprì il suo primo istituto di bellezza
dentro il quale elargiva consigli
di bellezza truccando le signore di
Parigi. Il grande successo la portò ad aprire altri quattro locali e ad
incrementare le vendite dei cosmetici da lei firmati. Colette arrivò alla fama
per aver scritto la nota serie delle Claudine, prima firmate dal marito Willy ,
poi da lei stessa rivendicate e pubblicate con il suo vero nome. Le Claudine non
furono solo una serie di racconti – saga (l’educazione sentimentale della
giovane Claudine) piuttosto crearono un fenomeno in voga per tutta Parigi. Il
tipo Claudine, si diceva, i profumi Claudine, le cravatte alla Claudine,
i grembiuli alla Claudine . Le Col Claudine è un must dei nostri tempi,
riproposto da Louis Vuitton in metallo dorato.
Juliette Greco |
Vestiva invece a tinte scure con
pantaloni aderenti e maglie girocollo. Bazzicava il crocevia di Saint-Germain-des-Prés in total
black e animava le danze al Tabou con un brillante Boris Vian.
Era Juliette Greco, per tutti icona del movimento
esistenzialista francese. Scendeva al Tabou con l’occhio truccato
“all’egiziana” ,imitassimo dalle ragazze, pullover scuro, pantaloni neri
attillati e scarpe di corda per ballare veloce.
Audrey Hepburn |
Sul finire del '54 Audrey Hepburn con il film Sabrina
si unisce al mondo della moda tramite la collaborazione con Givenchy. Seguì
il film Colazione
da Tiffany, dove lanciò
il Little Black Dress, un
tubino nero sinonimo di raffinatezza ed eleganza. Qualche
anno dopo furono le tre donne di Roger Vadim a dettare moda, in una Parigi ancora
protagonista del fashion system. Brigitte Bardot (famose le scollature a
barchetta denominate alla Bardot, la pettinatura a Nido d’ape meglio conosciuta
come choucroute, il bikini) Catherine Deneuve (indimenticabili le scarpe che
Roger Viver disegnò per lei e che fecero il giro del mondo), Jane Fonda (sensualissima
nel ’68 in Barbarella lancia uno stile preciso e innovativo, vestita da capo a piedi da
Paco Rabanne).
Jacqueline Kennedy |
Senza timore di essere contraddetta, la classe e l’intelligenza di
Jacqueline Kennedy dovrebbero diventare materia scolastica, del resto nel 1978 ad
Israele una foto la ritrae dentro un’aula seduta in cattedra: alle sue spalle
una lavagna nera e una scritta di gessetto bianco: Welcome to our class! “Le
mie più grandi passioni sono l’arte e la letteratura - raccontava- tutte le evoluzioni nel mondo, in
bene o in male, hanno origine dalle parole”. Il suo pensiero, come le sue mise, sono
diventate storia. Guanti immacolati,
filo di perle al collo, completi Chanel, infradito Capri, immagini che
hanno fatto il del mondo. Compresa quella che la ritrae intenta a far shopping al
Bonwit Teller di New York. Oggi quei meravigliosi magazzini di lusso sono solo
un ricordo, nel maggio del 1990 Donald Trump distrusse la celebre insegna, e
tutto il resto, per farvi costruire la Trump Tower.“Always
let others see you as mysterious…unattainable” , lascia che gli altri ti vedano
misteriosa e irraggiungibile sussurrava nascosta dietro grandi occhiali scuri.
Li tolse il 14 gennaio del 1977 quando firmò le prime copie del suo libro In
the Russian Style edito da Viking Press, la casa editrice per
la quale lavorava.
Twiggy |
Ad interpretare gli anni delle rivoluzioni sociali e della libertà
femminile una giovanissima modella londinese, Twiggy. Mary Quant la ingaggiò per reclamizzare la prima gonna. Fu
un tale successo che le donne di mezzo mondo si truccarono come lei tagliandosi
i capelli alla caschetto.
E oggi? Quale donna può aspirare a tanto? Quale signora della moda è in
grado di dettare legge offrendo creatività ed estro intellettuale?
Kate Middleton |
Probabilmente
Kate Middleton, moglie del principe William, definita dagli esperti di moda “la
regina del look riciclato”. Tuttavia piace, e anche parecchio. Sarà che in
tempi di crisi vedere un nome reale indossare lo stesso capo in diverse
occasioni ce lo rende amico. Come dire, scatta l’effetto condivisione. O sarà
che la scelta di puntare su abiti no brand denotano sicurezza, personalità,
competenza critica. Rea di avere indossato ben due volte le LK Bennet shoes,
modello 2009 costo 185 sterline, Kate ha scatenato le malelingue più
autorevoli. Eppure la vera novità è proprio questa, rifare il look ad un certo
filomoda-pensiero.
Iris Apfel |
Iris Apfel grande fashionista e leggenda vivente, a
novant’anni vende i suoi gioielli nel negozio on line di Yoox, giunge a certe
considerazioni: "Lo
stile è tutto l'atteggiamento” . Dentro e fuori quindi, pensiero ed estetica.
In altre parole, consapevolezza. Un mood ben rappresentato da Michelle Obama,
unica first lady fino ad oggi ad indossare abiti senza maniche, ma anche a
mescolare capi di grandi maison come Diane
Furstenberg e Vera Wang ad abiti più accessibili come quelli di J.Crew. Dunque
se siete a caccia di buoni propositi ve ne lascio uno: affinare il fascino intimista
ed esaltarlo a dispetto dei luoghi comuni.
Bellissimo! La classe non è acqua.
RispondiEliminabrava
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