Ecco dunque, come mi avete chiesto, tutti i racconti dei sedici finalisti ammessi a WriteWear, il concorso di scrittura e moda la cui terza edizione si è svolta in collaborazione con il brand Giorgia & Johns.
Come vedete sono molto belli e la scelta è stata davvero difficile.
Grazie a voi, tantissimo, per avere raccontato emozioni così piene che ho letto con riguardo. Come una cosa preziosa. Che mi accompagnerà.
A voi quale è piaciuto di più? Indicate il vostro preferito :)
1
Manuela Barban
Scende di corsa le scale mobili e piazza veloce l‟abbonamento davanti al tornello.
Affrettandosi riesce a salire sulla carrozza un attimo prima che si chiudano le
porte. C‟è posto in piedi contro il finestrino. Appoggia la schiena al
vetro freddo, sistema la borsa per terra e la incastra bene tra gli stivali.
Con un sospiro chiude gli occhi.
- Ping. Prossima fermata: Dante
- Gisa sono così preoccupata per mia nipote la grande –
dice una voce querula.
- e cosa l‟è successo? – risponde un vocione roco
- Ma c‟ha un moroso che va a vivere con lei. Brau l‟è brau ma ha le braccine un po‟ corte, vuria nen che quello le si
piazza in casa e si fa mantenere.
- Ping. Nizza.
Le porte si aprono. Annusa una scia di profumo vagamente
noto che entra assieme all‟aria fresca. Gli occhi restano chiusi.
- Ping. Prossima fermata: Dante
- tunz tunz tunz tunz tunz tunz parataratunz tunz tunz
tunz tunz
- Dì ma te ci vai al concerto?
- Cheee???
- E togliti „ste cuffie. Dico, al concerto? Ci vai?
- Quello stronzo di mio padre non mi lascia ma in qualche
modo l‟aggiusto. Al
massimo posso dire che dormo da te, figurati se …
- Ping. Dante.
Si è lasciata cullare dal dondolio del vagone tanto che
sembra addormentata, nonostante uno zainetto che di tanto in tanto le sbatte
addosso.
- Ping. Prossima fermata: Carducci.
Apre gli occhi. Tira su la borsa dal pavimento, chiede
permesso alle due donne anziane di fronte a lei e si fa spazio tra gli zaini
dei ragazzi. Raggiunge la porta mentre la metro si sta fermando.
- Carducci
Guarda l‟orologio, ancora una manciata di
minuti e dovrà entrare in pneumologia armata solo del camice. Potrà provare a
rosicchiare ancora un po‟ di tempo visitando con cura e auscultando. Poi dovrà trovare le
parole per dire al letto cinque che la sua non è una banale polmonite. No, non
lo è. Affatto.
2
Milena Preti
Paola mi
guardava arruffandosi i capelli, con le sue gambe lunghe, la capigliatura
bionda e il sorriso impertinente.
Alcune
rughe impreziosivano lo sguardo.
Di mattina
vestiva solo Gucci.
“Che ne pensi?”
mi chiedeva con le mani sui fianchi “Sembro una donna forte e intelligente, una
manager super organizzata?”.
Nessuna
risposta.
“Beh’, che
puoi saperne tu di moda?” diceva stizzita.
Di sera
rientrava con passo lento e appena stentato.
Una lunga
doccia. Un trucco sapiente per coprire le occhiaie. Un abito fasciato Armani.
“Questa
sera uscirò con Luigi” si vantava “Mi porta da Chef Maurice, haute cuisine
francaise”.
Nessuna
risposta.
“Non è un
avaraccio, lui” mi scherniva.
Il rumore
della porta che lentamente si chiudeva ed il suo riaprirsi la mattina dopo.
“Che serata
e che notte…se il letto di Luigi potesse parlare…se i muri potessero
raccontare…se…” diceva beffarda.
Si
spogliava davanti a me. Agitava il corpo per togliere tutti gli indumenti. E mi
guardava in silenzio.
“Nessuno mi
ama” mi disse un giorno commiserandosi.
Fu allora
che decisi. Mi staccai dalla parete e posi fine alla mia esistenza con
frastuono di vetro e cocci.
Anche uno
specchio ha diritto a un po’ di pace.
3
Lorella Bini
Leggo e rileggo. Me lo
dicevi sempre. Ogni volta che ti piaceva quel che ti avevo scritto, che fosse
una mail o un sms. Era il tuo modo per dirmi che le mie parole ti erano rimaste
come eco in testa a tenerti compagnia. Parole come coriandoli, lanciati nell’etere. Ci siamo lasciati
bagnare da quella pioggia di mille
colori. Uno sgorgare di emozioni che non poteva essere fermato . L’unico modo
per abbassare la febbre del nostro sentire era, appunto, scriverci.
Calpestavamo terre lontane io e te . Le parole ci
tenevano legati in quell’illusione di un
amore perfetto, al quale non abbiamo dato il tempo di consumarsi.
Poi un giorno ti ho
perso. Insieme le pagine della mia mail. E’ andato via tutto.
Ti hanno portato via ed insieme una
parte di me. I miei ricordi. Pezzi di vita, fotografie private della mia
memoria. Via tutto! Deleted !
Il mondo virtuale non
perdona . E’ effimero ed inconsistente. E’ stato un sogno dunque?!? Si,
dolcissimo. Ed io non riesco ancora a svegliarmi. Ciò che e’ con ciò che vorrei
che fosse stato. Come le ore
trascorse sul filo sottile ed
impalpabile di quel mondo in cui avevamo ragione d’essere. La mia solitudine a
tener compagnia alla tua. Il mio ed il tuo desiderio intangibile di essere là e
non altrove.
Ora che tutto e’ finito in un buco nero , scomparso
chissà dove, mi sento come se galleggiassi nel vuoto . Ho perduto il mio
passato, la mia identità. Cerco invano di ricostruire momenti, scivolati via
insieme a quelle parole. Quella intimità e complicità che ci faceva sentire
invincibili. Carri armati indistruttibili,
forti delle parole tra noi
leggere.
4
Alessandra Massagrande
La
prima volta che ti vidi, fu all’età di quattro anni circa. Papà aveva
acquistato un piccolo appartamento. A quell’epoca, abitavamo fuori dal borgo.
Selvaggio, rustico, bellissimo. Lì, tutto è tufo, una bella pietra, in cui la
natura si è sbizzarrita nel conferire tutte le tonalità più dolci: terra scuro,
nocciola caldo come le zolle al sole, marrone bruciato, grigio.
Umido
malsano. Odore pungente. Tavolacci consunti. Ecco le fraschette, piccoli regni
di Bacco rallegrati da chiacchiere e bicchieri che traboccano di vino, con le
loro minuscole porte che aprono e chiudono a turno, in un allegro giro di
giostra, lungo, meno lungo, quanto dura il loro vino.
Ma
la vera malia è la campagna, dietro la necropoli etrusca, il percorrere strade
già percorse da miriadi di piccoli uomini dalla lingua così misteriosa, il
camminare su uno scrigno ricco di tesori. E i prati, gli aromi di quell’erba
intrisa di spezie, i colli ceriti e il cielo sopra di loro. E guardando quel
cielo, in una notte d’estate, smetterai di domandarti perché gli antichi
venerassero le stelle. E’ proprio il cielo che quelle genti scrutavano per
carpire il futuro dal volo degli uccelli. Piccoli uomini, piccoli punti
stagliati contro l’azzurro. Eccoli, li vedi anche tu? Eppure sono lì, parte
della campagna. Allora, un desiderio di conoscere quel mondo popolato da
creature fantastiche ti assale, quel mondo che credeva in un aldilà buio, ma
che aveva imparato a giocare con la vita, con i suoi cavalli alati e i leopardi
blu, e poi le gorgoni, gorgoni dal sorriso beffardo, un giorno poste sulla
sommità dei templi, che sembrano guardare te, che non sai, e ti domandi. Antica
polis, la prima volta che ti vidi, ti prendesti una parte del mio cuore e
giurasti di restituirmela solo se fossi tornata.
5
Ylenia Aruta
Realizzare vestiti per le
bambole. Una scatola di pastelli e un foglio vuoto da riempire di sogni. Così
comincia una storia come tante. Con un desiderio.
Ha attraversato strade tortuose come trama e ordito. Si è inebriato
d’inchiostro odoroso delle pagine patinate. Si è scaldato con tonalità vibranti
che si rinnovano di stagione in stagione. Durante quei viaggi, diventò
collezionista di cartoline emotive mai lette. Furono messe da parte. Le parole
sono facili da pronunciare, il difficile è perseguire gli obiettivi.
Il dubbio riesce ad insinuarsi tessendo una fitta tela di sfiducia che ricopre
anche le certezze consolidate, si perde di vista la meta. Si cade.
Una notte nel buio, parole e immagini iniziano a farsi spazio nella moltitudine
degli assordanti pensieri. Passione. Materia, forma, colore. Ricerca,
costruzione, avanguardia. Esperienza tattile, reminiscenza olfattiva,
saturazione visiva. Apro gli occhi. Una bambina. la guardo, sono io. Ha le mani
sporche di grafite e mi sorride porgendomi uno dei suoi fogli. È bianco.
D’impulso comincio a scrivere, di me, di ciò che amo, di idee che prendono
vita, tessuti che hanno storie da raccontare, abiti che comunicano senza
parole.
6
Ilaria Mariotti
Siamo
seduti in balcone su vecchie sedie a sdraio, con quel legno sbiadito da tanti
soli, qualche chiodo che sporge e il tessuto blu un po' bucato, stinto e
intriso di acqua di mare. Ricordi di sale e di vento. Stiamo così, seduti in uno
spazio ristretto che affaccia su interni di palazzi e che sa di panni stesi,
sapone e salsa di pomodoro. Bari vecchia. Stiamo così, seduti tra vasetti di
basilico e bottiglie vuote e fumiamo e mangiamo mandarini. Si parla ad occhi
chiusi per trattenere il primo sole caldo d'inverno e si cicca nelle bucce
tenute in mano. Aggiungiamo nuove spezie di noi. Io devo dare lingua latina e
tu sei più in là e proponi Lisbona. Perché Lisbona d'agosto sfavilla. Rido alle
tue convinzioni e ti dico i colori di Sintra. Ma hai già tutto disegnato in
testa e mi passerai a prendere con la macchina e il ritmo sarà Otis Redding.
Sono parole di domenica tra noi. La domenica con te è perifrastica. Ho
intenzione di, mi accingo a, si deve. Io i verbi deponenti tu in giro per mercati,
ad occhi chiusi intrecciamo le parole nel fumo. Parole che salgono e si
dissolvono.
7
Silvia Cerpolini
Sono
due funamboli e vivono le loro vite sospesi. La mattina salutano il sole con un
salto leggero sopra quel filo trasparente e iniziano la loro danza: lei è
avanti, si alza in punta di piedi e muove le braccia trasformando l’aria
intorno in disegni colorati; lui la guarda, silenzioso, seduto sul filo con le
gambe appoggiate sull'aria.
Non
parlano, si muovono lentamente, respirano, chiudono gli occhi e si lasciano
cullare dai pensieri, viaggiano nel tempo e nello spazio dipingendo il vuoto
che li ospita.
Quel
filo è il loro momento, si danno appuntamento là sopra senza dirselo, senza
orari, si incontrano in quella dimensione quasi sempre per caso.
Sono
questi silenzi che rendono il loro rapporto speciale: degli amanti condividono
la segretezza e la fugacità degli incontri, della coppia custodiscono la
naturalezza degli scambi affettuosi e dell’essenza dell’amore la voglia di
scegliersi ogni volta.
Al
calar del sole si sfiorano, lentamente i loro corpi si uniscono in un abbraccio
che li conduce ad uno squilibrio che però non li farà cadere.
8
Domenica Mafrica
“Papà
perché vai sempre a lavorare?” Gli dissi dall’alto dei miei otto anni.
“Dobbiamo comprare la vigna” disse lui e dopo aver indossato la giacca con le
mani in tasca partì. Quando le viti furono nostre andai al terreno e guardai ad
occhi spalancati a destra e a manca come se tutto quel verde fosse opera mia.
Sdraiata sull’orlo del vigneto con le mani incrociate sotto la testa osservavo
alcune bianche nuvole che si muovevano lentamente nella volta celeste, ora si
infittivano, ora si diradavano come dei capelli sparpagliati al vento.
Individuai quelli che chiamano ricci cirri e solo per averne saputo il nome mi
sentii come se li avessi impastati io stessa e messi lì. Tornai a casa e dissi
al genitore: “Papà ho visto i cirri al cielo della vigna anche tu?” “Io quando
vado alla vigna” disse lui sorridendo “non guardo in cielo ma in terra altrimenti
l’uva non cresce”.
9
Silvia
Seracini
Fra me e il libro ci sei tu.- Il codice ISBN
non coincide con quello segnalato sull’OPAC… - dici mentre volgi la schiena
allo scaffale e il mio sguardo scivola sul lucido della copertina fino a colare
nell’incavo a V della tua scollatura solo accennata.
Mi confonde l’immagine di un corpo sinuoso,
rilegato in un involucro frusciante – seta? taffetà? – che a mala pena ne cela
le forme. Ma a ben sognare non si tratta di stoffa, bensì di carta sottile:
tante pagine intessute di righe stampate ad inchiostro che rivestono come
iridescenti squame di coda di sirena l’ardore di quel corpo pronto ad essere
sfogliato.
- Evidentemente si tratta di un’edizione
diversa… - le tue parole tra noi leggère come coriandoli che piovono dalle
pagine del tomo che mi porgi con grazia. Più lo sfoglio, più appari tu fra le
righe.
Pagine di un libro fra me e te, e fra le pagine
il pensiero – di una viola essiccata? – che potrei dirti qualcosa, certo. Ma
preferisco continuare a leggerti.
E mentre deglutisco con un retrogusto di talco
e di polvere, la tua ombra si dilegua silenziosa fra i corridoi della
biblioteca.
Davanti a me resta l’inesorabile fessura vuota
tra due libri, come lo spazio della tua assenza.
10
Marinella Simioli
Quando apri il tuo
armadio speciale, in cui i vestiti sono
ricordi, devi stare attento a che non ti cadano tutti addosso. Ogni
abito è un pezzo della tua storia, e rischi che possa andare in frantumi. Devi
aprirlo con calma e godere di ciò che trovi Dentro c’è l’abito che non indossi
più,ma che vuoi tenere ancora con te, perché ti scaldi il cuore; c’è quello che
metti tutti i giorni, perché ti tenga compagnia; c’è quello che hai spiegazzato
e gettato in un angolo perché ti sfreghi l’anima. Poi finalmente salta fuori
l’abito più bello, il ricordo che ti rende più felice, che riavvolge il nastro
della vita e riporta indietro le lancette del tempo. E’ il vestitino giallo,
quello che solo a guardarlo ti vien voglia di volare per quanto è leggero. La
sua seta come pelle morbida si lascia accarezzare. E pensare che qualche
manciata di anni fa c’eri tu in quel vestito giallo, che il venticello
primaverile faceva alzare facendoti arrossire. E’ stato il giallo che ha
calamitato il tuo lui, il tuo primo
pensiero del mattino e l’ultimo della giornata. Era lui, che un giorno ti ha
detto, guardandoti negli occhi :“ Sei
tu il sole, il mio sole, e voglio che
illumini per sempre la mia vita”.
11
Luigia Bencivenga
Un
uomo e una donna riposano nudi dopo le fatiche dell'amore. Ad occhi chiusi,
l'uomo offre alla donna parte del bicipite destro. La donna ha gli occhi chiusi, non dorme,
stringe i pugni e indurisce il corpo come una città cinta d'assedio.
Moltitudini
di guerrieri a cavallo s'avvicinano. Ne sente il rumore. L'esercito alle porte
ha portato via gli umori che poco fa l'hanno resa molle. Ora è muta, urla d'orrore, presagisce sciagure, ne
pregusta il dolore. Avrà il suono di lance e pugnali a macellare carni vive. E
gli odori di agnelli alla fine.
Non
resta altro che pregare un Dio ignorante,
mentre i guerrieri sul suo corpo, attraversano gli umidi interstizi, e
urlano la vittoria. Dio, liberami da questo esercito che m'impedisce l'amore, pensa e
le lacrime tiepide scendono, a investire il braccio dell'uomo che dorme. Non si
sveglierà, lui, beato, che ignora gli assedi e il balletto di danze e le
angosce delle vedove acerbe.
E' il momento di agire, pensa, basta
aprire gli occhi, chiudere i varchi, respingere i guerrieri che, uno ad uno
come birilli, cadono sulla terra di sangue, lontani dall'atipico cuore.
Poi
si alza, si riveste alla svelta. E fugge via.
12
Stefania Lupo
“Senti,
tu mi piaci. O, mi saresti piaciuto....se....No!No! Tu mi piaci! So che forse
ti sembrerò pazza in questo momento ma, le lezioni sono finite e io non so se
avrò ancora modo di rivederti! E se adesso non ti dico tutto, io...io penso che
potrei anche esplodere! Mi piaci, Maurizio! Mi sei piaciuto da subito! Da
quando ti ho visto entrare in aula, in ritardo, hai preso posto e...mi hai
guardata. Mi piace il modo assurdo che hai di complicarti la vita per dire una
semplice frase. Mi piace il modo in cui mi hai chiesto di uscire la prima
volta, quasi in punta di piedi. Mi piace quando mi guardi, è come se mi
accarezzassi. A volte riesco a sentire i tuoi sguardi sulla pelle. E... mi dai
i brividi. Mi piace quando canticchi a
bassa voce mentre camminiamo e mi piace quando mi chiedi:” Come va?” E forse,
anzi, sicuramente ignorerò tutto quello che hai pensato, detto, fatto e vissuto
fino ad ora, e forse continuerò ad ignorarlo. Forse c'è già qualcun altro che
ti aspetta in questo momento, mentre io sto tenendo questa assurda commedia,
però tu mi piaci. E anche se forse non te ne farai un bel niente di tutto
questo, io dovevo dirtelo.” Suona la sveglia. Steff spalanca i suoi grandi
occhi scuri, tira un sospiro di sollievo nel vedere Ilaria, nel letto accanto
al suo, che dorme beatamente. E' tutto ok! Il suo segreto è salvo, è stato solo
un sogno. Nessuna di quelle parole è veramente mai uscita dalla sua bocca, e
purtroppo, mai uscirà. O almeno, non in
questa dimensione.
13
Giulia Cicchinè
Avevo tanto pensato a
cosa regalargli, purtroppo però la mia inventiva si limitava a dei grafici
microeconomici sugli angoli dei giornali che papà teneva sulla scrivania dello
studio. Ero ferma sulla porta a fissare la poltrona azzurra che si rifletteva
su un tavolo per gli ospiti di vetro con le gambe in ferro battuto. C’era odore
di Marlboro rosse nella stanza, più del solito, chissà cosa avrebbe pensato
Mattia quando in quella stanza sarebbe stata allestita la sua camera per una
settimana. La finestra era aperta e avevo la pelle d’oca per l’aria di
febbraio, mi guardai le braccia e pensai “Evviva i maglioni a maniche lunghe”,
i miei peli non erano in tinta con la carnagione. In piedi pensavo: un profumo,
un maglione o un orologio, immagini che si susseguivano come in un power point
e poi l’idea, sotto l’accendino di papà. In un foglio rosso campeggiava “Love”,
era l’etichetta di un vino. “Love è stupido e inflazionato, come i servizi in
Tg su Sanremo; Love è rapido e efficace, come Pic Indolor; Love è chiaro e
semplice, come la filastrocca delle elementari , Love è contorto e impestato
come l’algebra Booleana; Love è unico e forte, come Bono al Rose Bowl a Pasadena”. Inbox.
14
Antonio Contini
La
mia "prima volta" con Luca.
La
mia "prima volta" con Luca ve la devo proprio raccontare. Mi cambiai
tre
volte
di abito e usai quattro profumi con i relativi lavaggi per toglierli. Due
metri
di filo interdentale. Ruppi due grucce appendiabiti
e una pianta di
orchidea
iberica rarissima. Mi tremavano le gambe. Seconda doccia con biorigenerante di
Sirmione. Gonna plissettata nera "corta"senza marca. Calze
nere
a righe con balza di pizzo Rosso Ciliegia. Stivali Just Cavalli color testa
di
moro tacco sette con cintura di cuoio a far da pendant. Camicia Gucci in
tessuto
Zephir bianco neve. Cappotto chiaro di panno lungo fino ai piedi di
Coveri.
Cappello in lana morbida di Fenrragamo. Orologio I Tre Sorci Verdi,
modello
Mancino, Profumo Azzaro Azzura. Tutto perfetto fino a quando, alle
20
con passo veloce non è spuntato da dietro il chiostro dell'edicolante. Di
Nuovo
panico. Cappotto 7 18 di panno nero svolazzante. Completo gessato
canna
di fucile modello Ferragamo o giù di lì. Scarpe nere in vitello. Capelli
freschi
di parrucchiere. Elegantissimo. Appena mi vide sobbalzò dalla
sorpresa
e sorrise. Ma il momento magico fu, quando avvicinandosi con gli
occhi lucidi mi disse: "Sai Marco vestita da donna
sei bellissima!
15
Ferruccio Masci
Di silenzi e sguardi si è vestita la notte
Come amante sapiente di future carezze.
Sbircii di pelle da consapevoli fessure
Promettono precipizi e voli ai sensi più accorti.
In ritmi di danza battiti d’ali disvelano intime verità
Come il sole si fa zucchero nel frutto
Così in desiderio di te
Si fa sangue nella mia carne
Come un fiore attende il vento
Per donargli il suo profumo
Che con lui sarà carezza per nuove foci
Di silenzi è sguardi s’è intrisa la notte
Come utero accogliente
Ai bisbigli degli amanti.
Promesse antiche eterni inganni.
Attesa di sogni al fremere delle ciglia.
Un lento canto scivola leggero violando insaputi divieti,
dita esperte per sentieri ogni volta inesplorati, l’eterno ritorno dell’uguale
regala l’estremo orizzonte ormai alle spalle, laggiù dove abita l’abisso sì
intrecciano respiri. In silenzi e
sguardi s’è spogliata la notte.
16
Doroty Scisci
Era una lunga giornata invernale quando l’influenza prese
il sopravvento su di me. Nella stanza accanto, tu bevevi il tuo solito
bicchiere d’acqua. Negli ultimi mesi quel letto era diventato la tua unica
dimora. Le tue narrazioni parevano barzellette, mi divertivo come una matta
sentendoti rimembrare i tempi in cui i tuoi bambini erano piccoli. La mattina
del 20 aprile seguente ti spegnesti per sempre. Io non scesi in Puglia per il
tuo funerale. Non è vero che il tempo placa il dolore e dopo sette anni il mio
senso di colpa è ogni giorno più profondo. Nonna mia, avrei voluto abbracciarti
forte a me invece di parlarti delle mie stupidaggini adolescenziali, ma tu mi
ascoltavi sempre. Avrei voluto darti quel bacio che tutte le notti riempie i
miei sogni di speranza e felicità, quella felicità che solo durante le mie
estati da bambina vivevo con te, nonno e zia in campagna. Quando mi svegliavo
all’alba e venivo ad aiutarvi nei campi e correvo scalza dalla mattina alla
sera. Che spensieratezza! Avrei potuto prendere quel treno con mamma per dirti
addio. Ma non ho fatto nulla. Mi lacrima il cuore, darei la mia vita per averti
di nuovo tra le mie braccia anche soltanto per un giorno!
Adoro il racconto di Ilaria Mariotti. Il mio voto va a lei.
RispondiEliminail racconto di Silvia Seracini è di un'intensità non comune e rappresenta idealmente il valore del libro e della lettura per noi umani
RispondiEliminaVoto il 9 (seracini)
RispondiEliminaL'universo, che altri chiama la biblioteca... Voto il numero 9.
RispondiEliminaIo voto il numero 4 Alessandra Massagrande
RispondiEliminaMolto emozionante il racconto di Silvia Seracini!
RispondiEliminaVoto Silvia Seracini! Intenso e gentile, il suo racconto.
RispondiEliminaVoto Silvia Seracini perchè, in modo perfetto e delicato, fa "vedere" una presenza forte tra le (apparentemente) fragili pagine di un libro.
EliminaVoto Silvia Seracini perchè, in modo perfetto e delicato fa "vedere" una presenza forte tra le (apparentemente) fragili pagine di un libro.
EliminaA Silvia :) (Seracini) - Emozionante!
RispondiEliminaAnche a me è piaciuto molto quello di Silvia.
RispondiEliminaManuela
Seracini +1
RispondiEliminaVoto Sivia Saricini
RispondiEliminaSilvia Seracini, senza dubbi.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIo trovo che quello di Stefania Lupo (12) sia il migliore..un'esperienza onirica che racconta qualcosa che accomuna noi tutti..chi non ha mai sognato di dire qualcosa che nella realtà non si aveva il coraggio di dire? Nei sogni si celano spesso tutte le parole non dette.
RispondiEliminavoto il racconto n.9, di Silvia Seracini...elegante, sottile e intrigante!!!
RispondiEliminaVoto il racconto n.9 di Silvia Saracini: elegante e sensuale.
RispondiEliminaSenz'altro il racconto di Silvia Seracini. Il mio voto è per lei.
RispondiEliminaSilvia Seracini, numero 9!!
RispondiEliminaQuello di Lisbona che ad agosto sfavilla. Di Ilaria Mariotti, numero 6.
RispondiEliminaVoto la freschezza e l'ironia del racconto di Milena Preti, numero 2
RispondiEliminaHo vinto qualche cosa? ;-))
RispondiEliminaSilvia
Silvia Seracini
Voto Silvia n.9!!!
RispondiElimina