PROTAGONISTS

IL FUTURISMO AD ARTEFIERA


by Gianmarco Marabini

Futurismo, Futurismo, FUTURISMO! E' una parola già sentita tra le righe di PFGSTYLE ed i follower lo sanno. Dal servizio a Bellagio fino all'intervista a Triolo pare che nel 2013 non abbiamo fatto altro che parlare di Futurismo. Ed ora che ArteFiera apre cosa troviamo? Gerardo Dottori, Lorenzo Viani, Giacomo Balla, Umberto Boccioni. Noi siamo pronti a gettarci tra le braccia dei nostri amati e stimati avanguardisti del Novecento e ancora una volta abbiamo deciso di prendere spunto da loro. Anticipatori ma sopratutto creatori di tendenze, i Futuristi ci hanno insegnato a buttarci a capofitto nel domani. Così per l'apertura di ArteFiera abbandoneremo gli abiti alla Marinetti e ci ispireremo ad Andy Warhol. Pronti a lanciare una nuova moda. Estetica e culturale.

Futurism, Futurism, FUTURISM! It's a word that's been already written on the virtual pages of PFGSTYLE and our followers know it. Starting from the report on Bellagio and up to the interview with Mario Costantino Triolo it seems that we didn't have other topics in 2013 except for Futurism. And now ArteFiera starts and what do we find? Gerardo Dottori, Lorenzo Viani, Giacomo Balla, Umberto Boccioni. Of course we are ready to throw ourselves into the arms of our beloved and esteemed painters and still we decided to take the cue from them and look into the future. So for the opening of ArteFiera we will abandon the Marinetti's dresses and will be inspired by Andy Warhol. We are ready to launch a new style. Both aesthetic and cultural.


DON BACKY 

                        
NULLA E' PER SEMPRE
by Gianmarco Marabini


Aldo Capponi, in arte Don Backy, arrivò solamente nono al Festival di Sanremo del 1967.  Nonostante ciò conquistò il pubblico italiano. Ruotavano i 45 giri nei juke-box con “L'immensità”.  Alcune volte era la voce di Mina, altre quella di Milva1. Ma l'originale aveva qualcosa in più. Una rabbia che non è passata alle interpreti femminili. Attente alla dolcezza del messaggio d'amore, le due cantanti avevano forse perduto di vista cosa stava nascosto dietro la filigrana della parola “nullità”. Poiché è questo il termine che fa da contraltare al titolo della canzone. Immenso è il mondo, nulla è l'uomo. Mascherato dietro una ricerca di amore, Don Backy porta all'attenzione di tutti un problema generazionale: trovare il proprio posto. Nella società e nel mondo. Problema che pare tornare ricorsivamente. Lo si potrebbe definire endogeno all'essere umano. Un cromosoma nascosto nel DNA. Almeno al suo tempo Don Backy aveva l'arte in cui vivere e di cui vivere. Cantava, recitava nei film di Celentano, dipingeva per passione. Quali illusioni sono rimaste oggi per i giovani? E non solo per loro. Il nulla di cui parlo non si ferma alla ricerca di identità tipica dell'adolescenza. Da lì parte ma non viene cancellato con il raggiungimento dell'età adulta, con gli obblighi e le regole sociali ai quali ci si adatta. Rimanda all'eterna domanda del cosa ci facciamo sulla terra e del perché siamo chiamati a vivere questa vita. E la vecchia non porta una risposta ma solo una più serena consapevolezza della sua assenza.

1. Entrambe re-incisero la canzone nello stesso anno.


NICOLAJ GOGOL'



SIAMO TUTTI USCITI COL CAPPOTTO DI GOGOL'

by  Gianmarco Marabini


Non è proprio un cappotto il mio, almeno nel senso classico del termine. Certo è fatto di un bel panno resistente, ha la sua fodera lucida ed è perfetto per questi nove gradi novembrini. Però si ferma alla vita. Non ha quelle lunghe code che scendono giù giù fino alle ginocchia. Eppure non per questo mi sento meno protetto. Ecco, anche se non mi nasconde le gambe nelle sue ampie volte non mi sentirei di sminuirlo così tanto. 


Del resto ne andavo così fiero quando l'ho acquistato cinque anni fa. Ma forse è il caso di comprarne uno nuovo.

E' questo ciò che penso mentre esco da teatro e torno a casa. Sono andato a vedere – mi pare ormai ovvio - “Il cappotto”. Nella borsa ho con me il libro di Gogol', per farmi compagnia mentre sono seduto in platea. Tutti noi abbiamo un “cappotto” nella nostra vita, forse ne abbiamo avuti tanti. Anche più di uno. Per me è come una coccola. Come una cioccolata calda in una baita in montagna. Qualcosa che mi da protezione, riparo. E' un abbraccio.



Lo spettacolo è tratto liberamente dall'omonimo racconto dello scrittore russo, adattato da Vittorio Franceschi con regia di Alessandro D'Alatri. Potete andare a vederlo questa settimana fino a domenica al Teatro della Corte (Genova). Guardarli è stato una meraviglia. Anche la trasposizione era buona. I dialoghi, praticamente tutti inventati, recuperano molto bene la verve comica della prosa di Gogol'. Ma sul finale lo scherzo se ne va lasciando il posto al dramma. Akàkij Akàkievic – il protagonista, interpretato da Franceschi – semplicemente muore di freddo. 
Si elide tutta la parte del suo spettro che, tornato in vita, terrorizza gli abitanti di Pietroburgo rubando loro i cappotti. Certo, come ha detto Franceschi, i doppi finali a teatro non funzionano. Però concludendo così la storia il significato del cappotto viene impoverito. Nel racconto esso è sogno, speranza, morte ma anche resurrezione. E' quasi uno stato d'animo. Protezione dal freddo, ma anche dal mondo. Indica socialmente prestigio e raffinatezza, è simbolo di mistero. Non che tutto questo non fosse presente nello spettacolo. Solo che D'Alatri e Franceschi hanno preferito mettere l'accento sul soggetto di Akàkij piuttosto che sull'oggetto del cappotto, protagonista assoluto della novella.
*

Mine is not really an overcoat. Yes, it's made by a good heavy-duty drape, it has its shiny cover inside and it's perfect for this November cold. But it ends at the waist. It doesn't have those long trains that go down up to my knees. Yet I don't think I am less protected. Even if it does not hide my legs in its voluminous folds I don't feel like diminishing it so much. In fact I was so proud of it when I bought it five years ago. But maybe it's time to buy me a new one.

This is what I was thinking when I was leaving the theater ready to go back home. I went there to see “The Overcoat”. I've got my Gogol' book in my handbag to keep me company while I was sitting in the auditorium. The show is liberally based on the Russian story, adapted by Vittorio Franceschi and directed by Alessandro D'Alatri. I really liked it, the actors were phenomenal, brilliant. The adaptation was also good. Dialogues preserved Gogol' humor and sarcasm. Unfortunately in the end the comedy leaves place for the tragedy. The protagonist  Akàkij Akàkievic, played by Franceschi, just died for a cold. In this way the subsequent part of the tale, when his spirit return to hunt citizens and steal their overcoats, was eliminated. Franceschi is right: double endings don't work in theater. But in this case the meaning of the garment was pauperized. In Gogol' story it impersonates the dream, the hope, the death but also the Resurrection. It's almost a state of mind. Shelter from the cold but also from the world. A cuddle we all need. Even after this life.

MARGUERITE DURAS


L'AMORE E MARGUERITE 

by Gianmarco Marabini

Così scrive Marguerite Duras ne “L'amante della Cina del Nord”1. Tutti gli sforzi della sua produzione di scrittrice Marguerite li spende cercando di spiegare questa forza misteriosa e sacra che è l'amore. Un sentimento così dirompente, doloroso e dolce allo stesso tempo che non può essere taciuto. Dunque la Duras racconta tutti i suoi amori: per la madre, vedova e sconfitta dalla società; per il fratello maggiore violento e drogato, per il fratello Paulo morto giovane, per il marito Robert Antelme2, deportato ad Auschwitz; per il figlio perduto. 
E poi ci sono loro. Huynh Thuy Le3 e Yann Andréa Steiner. Due passioni diametralmente opposte. La prima l'ha avuta a quattordici anni quando scopre l'amore con un ricco cinese più grande di lei nell'Indocina francese di fine anni Venti. L'ultima scompagina l'anima di Marguerite. Lei ha sessantasei anni ed è dipendente dall'alcol mentre lui è uno studente omosessuale di ventotto anni. Nell'estate del 1980 i due si incontrano e da allora non si lasciano più. 
La Duras riscopre un sentimento ormai inaspettato, inatteso. Forse mai immaginato. E' puro, supera la sessualità, ma è travolgente come un fiume in piena. Deve scrivere. Deve filmare, raccontando, ogni singola piega del suo cuore. Ogni momento che passa con Yann Andréa, Marguerite rivive la complessità della sua vita e del suo concetto di amore. Ritrova tutti i suoi sessantasei anni di passione in tutte le sue forme. 
Li ripercorre insieme a Yann Andréa e li fissa sulla carta. A volte torna a scrivere storie già narrate. Il sentimento che le vivifica però non è mai lo stesso. Perché l'amore non è stabile, cambia col tempo insieme all'animo di chi lo sperimenta. E allora la scrittrice non può tacere, deve raccontarlo ancora e ancora. Fino alla morte.

1.  Il romanzo fu pubblicato nel 1991.
2.  E' stato un poeta e scrittore francese. Partecipò come partigiano alla Seconda Guerra Mondiale e subì la deportazione. Su questa esperienza scrisse in seguito il libro “L'Espèce humaine”
3. Questo è il nome del cinese protagonista dei romanzi autobiografici “L'amante” e “L'amante della Cina del Nord”.

*
 That's what Marguerite Duras Wrote in her book “The North China lover”. She spent all of her efforts in writing trying to define this strange and mysterious force that love is. An emotion so powerful, painful but also sweet that can't be withhold. So Mrs. Duras talks about all her loves: for her mother, a widow crushed by society; for the older brother who was violent and drug-addicted, for the younger brother Paulo who died prematurely; for Robert Antelme, her husband who was deported to Auschwitz; for her lost son. And then here they are. Huynh Thuy Le and Yann Andréa Steiner. Two completely opposite passions. She had the first one when she was fourteen. She discovered sex and sexuality with a rich and older Chinese man in Vietnam during the Twenties. The other one is her last love story, one that truly upsets her inner world. She was already sixty-six year old and she had an addiction to alcohol, whereas he was an homosexual-twenty-eight-year-old student. They met during the summer of 1980 and from that moment on they never left. Marguerite rediscovers an unexpected feeling, even unimagined. It's pure, beyond sexuality but still strong as a river in flood. She must write about it, unwinding the folds of her heart. Every time she's with Yann Andréa, Marguerite recollects her complex life and her various ways of loving. She immortalizes them in her books. Often she finds herself writing about stories she already had written. But the feelings in them are never the same. Because love is not defined, it changes with time and during a lifetime. And the writer can't withholds, she has to narrate it over and over. Until death do her part.



MARY WOLLSTONECRAFT SHELLEY


Trame di paura
by Gianmarco Marabini

Il lago di Ginevra era attorniato da boschi e montagne. Quell’estate, piovosa come mai, quattro amici, tre ragazzi e una giovane fanciulla, decidono di passare le serate scrivendo ciascuno la propria storia di fantasmi. Sembra l’attacco di un libro horror e in realtà poi lo diventa. Perché proprio quella sera nascerà l’embrione Frankenstein, capolavoro che Mary Wollstonecraft Shelley (la ragazza, appunto) scrisse a soli 19 anni.
Certo i tempi erano diversi. Nel 1816 a  quell’età si lavorava, si era già sposati e chi scriveva aveva già trovato la propria via espressiva. Però è sorprendente sapere che uno dei capisaldi dell'horror sia stato scritto da una donna. Soprattutto se pensate che gli altri tre compagni di quell'estate svizzera, che poi abbandonarono tale impresa, erano nientemeno che John Polidori1, Percy Bysshe Shelley2 e Lord Byron3. Ragazzi che diventeranno ben presto autori affermatissimi.
La vocazione letteraria di Mary era scritta nella sua storia familiare: il padre, William Godwin, era filosofo e teorico della politica mentre la madre, Mary Wollstonecraft Godwin, fu la prima autrice al mondo di un trattato4 femminista sui diritti delle donne. Fin alla giovinezza quindi entrò in contatto con famosi intellettuali e uomini di lettere, fra cui Samuel Taylor Coleridge.  L'unica cosa che mancava a Mary Shelley era un'ottima ispirazione. Le arrivò in sogno.
Una sera i quattro amici stavano parlando dei presunti esperimenti del dottor Erasmus Darwin, il nonno di Charles, su vermi e galvanismo. L'argomento colpì la scrittrice a tal punto che una volta a letto continuò a pensare come fosse possibile che parti del corpo di esseri morti potessero acquistare movimento se non addirittura nuovamente vita. Quella notte sognò una creatura stesa immobile su un tavolo, attaccata ad un macchinario. L'azionamento di una leva, un lampo e lo scienziato che aveva cucito le parti del corpo morto poteva osservare la creatura prendere vita. Al risveglio Mary Shelley aveva la sua storia. E noi la nostra. 

*

Geneva lake was surrounded by woods and mountains. On that rainy summer four friends, three men and one young lady, decided to spend the evenings writing ghost stories. It may sounds like the first chapter of a horror book and in fact it's something very close. In one of those nights Frankenstain was born. Of course I'm talking about Mary Wollstonecraft Shelley's masterpiece, the one she wrote when she was just ninteen. Futhermore she was the only one out of the four of them who eventually wrote and published the story, as the other three gave up earlier. Not common people for sure they were: none less than John Polidori, Percey Bysshe Shelley and Lord Byron. But Mary Shelley had been in contact with intellectuals since childbirth, being the daughuter of two writers and esseayists (William Godwin and Mary Wollstonecraft Godwin). The only thing she was missing that far was an inspiration and it arrived during that night. The four friends were talking about doctor Darwin's experiments with worms and galvanism. Mary went to bed and couldn't get out of her head how it would be possible that dead body parts could return to life. She fall asleep and in the dream saw a Creature lying on a table, motionless, connected to a machinery. The activation of a lever, a flash and the scientist who sewed the body could finally see the Creature coming to life. When Mary woke up she had her story, and we had ours.





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